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Reddito di cittadinanza, se non ora quando?

di Fabio Marcelli

Sono molteplici le ragioni che spingono a introdurre anche in Italia, come nella grande maggioranza dei Paesi europei, un reddito di cittadinanza.

Per un verso tali ragioni attengono alla dignità delle persone che, anche e soprattutto in tempi di crisi, non può essere un oggetto di mercanteggiamenti o qualcosa su cui transigere. Di fronte al precipitare di settori crescenti della nostra società nella povertà e nella miseria è urgente approntare delle contromisure, che non possono consistere in altro che nell’attribuzione di risorse economiche ai settori più svantaggiati e emarginati.

Per altri versi occorre cambiare a fondo il modello economico. Quello attuale è spinto solo dai consumi di lusso e gli effetti si vedono nella recessione permanente e nella crisi devastante dell’economia che colpiscono l’Europa e in particolare l’Italia, frutto velenoso delle politiche a vantaggio dei ricchi perseguiti dallaMerkel e applicate bovinamente dal suo Renzi.

Del resto si tratta di misura di antica e nobile tradizione. Come ricorda Peppe Allegri sul sito Basic Income Network: “Con il reddito minimo garantito, si sostengono quelle persone che non arrivano a una determinata soglia di reddito, quantificata dalle stesse istituzioni europee nel 60% del reddito mediano di ciascun Paese, al quale normalmente si affiancano altri benefits. È una misura volta a tutelare le persone non solo dalla mancanza di una retribuzione, ma anche dai ricatti del lavoro povero (Working Poors), in modo tale che ciascuno sia nelle condizioni di poter condurre un’esistenza degna, libera e attiva, come nelle intenzioni del celebre rapporto di Lord Beveridge del 1942: non a caso a fondamento del Welfare anglosassone che ruota intorno agli strumenti del sussidio universale di disoccupazione (comunemente definito The Dole, le cui origini si perdono negli anni Venti) e dell’Income support, per le persone che hanno un reddito basso”.

Che si aspetta quindi a introdurre tale misura? Nella giusta direzione va la proposta presentata dal Movimento Cinque Stelle. Fra i pregi di tale proposta segnaliamo quello di restituire agli organismi pubbliciimportanti poteri di orientamento e regolazione del mercato del lavoro oggi appannaggio di poteri privati, a volte apertamente di natura criminale. Attorno a tale proposta va costruita la maggioranza sociale e politica che deve dare il futuro governo al Paese per traghettarlo finalmente fuori dall’attuale palude dove l’hanno infangato gli ultimi indegni nocchieri, da Monti a Letta all’attuale Renzi, accomunati dalla sinistra caratteristica di essere null’altro che burattini dei poteri forti, sia pure diversi tra loro per livello culturale e intellettuale (con Renzi si è, com’è noto, toccato il fondo anche da questo punto di vista).

Le risorse vanno trovate eliminando le spese inutili, come quelle relative agli F35 e alle grandi opere, combattendo in modo deciso ed efficace l’evasione fiscale e colpendo i settori ricchi e parassitari con misure fiscali specifiche. In tal modo si potrebbero reperire anche risorse per grandi piani di mobilitazione sociale ed economica che diano finalmente lavoro e prospettive a milioni di giovani, affrancandoli dall’attuale condizione di insensata inedia e restituendo un futuro al nostro Paese.

La battaglia è chiara, come pure le poste in gioco. Come scrivevo su questo blog il 19 ottobre 2011: “Un reddito minimo di cittadinanza, come pure la fissazione di un tetto al reddito massimo, paiono oggi le sfide fondamentali per dar vita a una società realmente equa e non escludente. Esso richiede ovviamente il reperimento delle risorse necessarie attraverso la lotta all’evasione fiscale e l’introduzione di un’imposta patrimoniale che colpisca i ricchi, nonché mediante il ripudio del debito che grava sullo Stato, liberandolo dalla schiavitù della finanza internazionale”. Oggi, a distanza di nemmeno quattro anni da queste parole, stanno finalmente maturando le condizioni sociali e politiche per dare vita a un programma del genere. Occorre esserne consapevoli per realizzarlo.

Articolo tratto da Il fatto qutodiano blog del 3 giugno 2015 di Fabio Marcelli

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