Per un reddito di base
La tesi centrale di questo lavoro è quella di sostenere l’idea di una nuova cittadinanza sociale, in cui la garanzia di un reddito promuova l’indipendenza delle persone e un inedito rapporto fiduciario tra individui, società e istituzioni. Tanto nel caso di un vero e proprio reddito di base, universale e incondizionato, indirizzato a tutta la popolazione, indipendentemente da altre valutazioni di tipo salariale, lavorativo, familiare, etc. Quanto nell’ipotesi di un reddito minimo garantito in cui risulta previsto per le persone che si trovano in alcune condizioni, a rischio di povertà ed esclusione sociale, e perciò condizionato alla prova dei mezzi e all’avviare determinati percorsi tra individui e istituzioni pubbliche. Perché il legame tra misure più tradizionalmente riformistiche, come il reddito minimo garantito, e opzioni più consapevolmente rivoluzionarie, come il reddito di base universale, rispondono alla primaria esigenza di non lasciare nessuno nelle condizioni di dover vivere in povertà e liberare in ciascuno le proprie potenzialità. Sono scelte di politiche pubbliche che permettono di ripensare le protezioni sociali, favoriscono tutela della dignità personale, promozione dell’autodeterminazione esistenziale, affermazione di una solidarietà sociale, ripensamento inclusivo dei servizi pubblici e sociali di qualità.
Tutto questo in un Paese che solo l’anno scorso ha introdotto una prima, assai parziale, misura nazionale di contrasto alla povertà, denominata Reddito di Inclusione (ReI, con decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147, «Disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà», emanato in attuazione della legge delega 15 marzo 2017, n. 33 e con decorrenza dal 1° gennaio 2018), che è andata a sostituire le precedenti e ancora più parziali misure del Sostegno per l’inclusione attiva (SIA) e dell’Assegno di disoccupazione (AsDi). Arrivando con un ritardo di circa mezzo secolo rispetto ai primi strumenti di garanzia di un reddito, a partire da quello minimo, introdotti nei primi decenni del secondo dopoguerra in molti Paesi del Nord Europa e dell’Europa continentale, provando a definire un livello ulteriore di cittadinanza sociale (come è ricostruito nella seconda parte di questo volume).
Per un nuovo Welfare
Proprio la consapevolezza della nostra arretratezza in tema di protezioni sociali vorrebbe provocatoriamente essere l’occasione per imporre un ragionamento aperto e determinato intorno all’introduzione di un diritto sociale fondamentale ad una esistenza libera, dignitosa e indipendente: un diritto di esistenza (Ius Existentiae) edificato intorno a due strumenti di nuove politiche pubbliche. Al centro un reddito di base, un’erogazione monetaria periodica e individuale sufficiente a mettere le persone in condizione di autodeterminare le proprie scelte di vita, quindi inteso come reddito di esistenza, quanto più universale e incondizionato possibile, che protegga dai ricatti del lavoro povero, dell’inoccupazione, disoccupazione e sottoccupazione, come da quelli della malavita diffusa e della criminalità organizzata che speculano sull’impoverimento della società e delle famiglie. Intorno la previsione di un accesso universalistico a servizi pubblici di qualità, che siano in grado di tenere insieme solidarietà e fiducia sociale, potenziamento dei percorsi di istruzione, formazione, lavorativi ed esistenziali di ciascuno, quindi salute individuale e tutela ambientale eco-sistemica.
Visioni rivoluzionarie necessarie e possibili
Questa visione diviene ancora più necessaria e forse possibile in un’epoca, come la nostra, attraversata dall’accelerazione delle innovazioni tecnologiche: dall’economia digitale alla quarta rivoluzione industriale, quella dell’automazione, del trattamento e sfruttamento privato dei dati personali (Big Data), dell’Internet delle cose (Internet of Things), delle macchine che apprendono (Machine Learning), della blockchain e dell’intelligenza artificiale su larga scala. Necessaria, perché questa nuova “grande trasformazione” tecnologica già porta una radicale riduzione e trasformazione dei posti di lavoro tradizionali, lasciandoci sospesi tra un ulteriore livello di disoccupazione di massa e/o di “pieno impiego precario”, un impoverimento di non sappiamo ancora quante condizioni di lavoro e allo stesso tempo la consapevolezza che si potrebbe tutti “lavorare di meno”. Possibile, perché l’avvento di questa nuova era digitale e dell’automazione può essere governato con la visione inclusiva di un’economia sociale della collaborazione, cooperazione e condivisione favorita dalle piattaforme digitali intese come strumenti abilitanti, di semplificazione burocratica e riduzione dei costi in favore di un miglioramento complessivo delle condizioni di vita e, paradossalmente, lavoro autonomo e non eterodiretto per un numero sempre più grande di persone e Paesi, in un quadro di nuova solidarietà sociale, proprio a partire dalla garanzia di un reddito di base.
Lovanio, città umanistica per il reddito di base
Il volume è diviso in quattro parti, con reciproci rimandi. Si inizia con il presentare il reddito di base nella sua storia plurisecolare, fino ai cinquecento anni dall’Utopia di Thomas More, in dialogo con Erasmo e stampata nel 1516 a Lovanio, simbolico punto di partenza di quella moderna e umanistica lotta alla povertà e alla miseria che conduce alla ricerca di maggiori garanzie sociali e spazi di libertà, fin dentro la crisi della società salariale. Fino al sociologo ed eterodosso prete cattolico Jacques Leclercq (1891-1971), autore di un Elogio della pigrizia, che nel 1968 europeo proprio lì fonderà l’Université Catholique de Louvain-la-Neuve, dove nel 1986 – nel palazzo intitolato alla memoria dello stesso Jacques Leclercq – il Collectif Charles Fourier, capitanato da Philippe Van Parijs, organizzerà un convegno internazionale sul reddito di base (allocation universelle, basic income, reddito di base) che darà vita all’associazione Basic Income European Network, successivamente divenuta Basic Income Earth Network – BIEN, rete globale per il reddito di base.
Si prosegue con una seconda parte che presenta le fratture sociali nell’Europa del secondo dopoguerra, tra l’edificazione di sistemi di Welfare universali, basati sulla garanzia di un reddito e l’arretratezza del modello italiano di inclusione selettiva, parziale, categoriale nella cittadinanza sociale repubblicana. Con una riflessione sugli ultimi anni di assai difficoltose politiche pubbliche di lotta alla povertà, dinanzi all’assenza di una pur minima garanzia di reddito e alle recenti proposte e innovazioni normative.
Reddito di base e innovazioni sociali e tecnologiche
La terza parte tiene insieme il tema del reddito di base con le prospettive di innovazione sociale e tecnologica nel quadro di una nuova idea di solidarietà sociale e riflessiva, dal livello locale-statale, a quello continentale. Il tutto anche alla luce di un oramai ampio dibattito globale sul reddito di base inteso come strategia di sicurezza individuale e solidarietà collettiva dinanzi all’insicurezza sociale, alla precarietà diffusa, alla flessibilità delle forme del lavoro e del fare impresa e alle ulteriori trasformazioni dell’economia digitale e automatizzata, che stanno favorendo una miriade di sperimentazioni e progetti in favore di un reddito di base universale.
Un EuroDividendo per l’Eurozona
La parte conclusiva del libro propone una serie di appunti per il futuro presente, per un reddito di base multilivello, partendo da quello che si può fare in Italia, e in prospettiva inteso come dividendo sociale nell’era digitale, con al centro l’urgenza di una sfida continentale, per ripensare il modello sociale europeo dinanzi allo European Social Pillar e alle prossime elezioni per l’Europarlamento del maggio 2019. Pensare un Euro-Dividendo per l’Eurozona. Per fare una provocazione semantica e politica: l’esistenza dell’Eurozona impone l’urgenza di un reddito di esistenza. Ecco lo spazio di riforme rivoluzionarie nella vecchia Europa, per la nuova triade di libertà, solidarietà e condivisione e tornare a pensare lo spazio politico europeo come apertura per una regolazione sociale progressiva e includente. Contro l’ondata neo-reazionaria, plebiscitaria, post-democratica, nazionalista che attraversa i continenti. Perché protezione sociale e promozione dell’autonomia individuale è il terreno di confronto delle innovazioni sociali, istituzionali, tecnologiche che viviamo già oggi.
Infine il volume contiene un’appendice nella quale si riporta una scelta di bibliografia ragionata e commentata dei molti, recenti volumi usciti sul tema del reddito di base.
All’apparato bibliografico si affianca un glossario di termini e parole chiave, per provare a districarsi, anche da semplici appassionati, curiosi e interessati, tra le mille sfumature intorno alla previsione di una garanzia di base, nel percorso evolutivo dal reddito minimo a quello universale e incondizionato.