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Perché un reddito incondizionato per l’Europa? L’iniziativa dei Cittadini europei

di BIN Italia

 

La Commissione europea ha deciso di autorizzare il nuovo Eci-Ubi 2020, l’Iniziativa dei Cittadini europei (Ice) per l’introduzione di un reddito di base incondizionato (Rbi) negli Stati membri dell’Unione europea. Il titolo dell’iniziativa dei Cittadini europei è: “Start Unconditional Basic Incomes throughout the Eu” (Avviare redditi di base incondizionati in tutta l’Ue). L’Ice prevede la raccolta di almeno un milione di firme (online) da parte di altrettanti cittadini europei che risiedono nei diversi Stati membri. La raccolta delle firme è iniziata il 25 settembre 2020 e si concluderà 24 settembre 2021.

Un’ampia coalizione di reti e sostenitori del reddito di base in tutta Europa si sta mobilitando per raggiungere l’obiettivo. Una volta raccolte, queste firme saranno consegnate alle istituzioni europee, che dovranno inserire nell’agenda la proposta proveniente dai cittadini. La proposta sarà inviata alla Commissione europea e al Parlamento europeo, che dovranno così discutere dell’opportunità di introdurre, attraverso atti formali, forme di reddito di base nei diversi Stati membri dell’Ue.

Obiettivo dell’Ice è quello “di introdurre un reddito di base in tutta l’Ue che assicuri a ciascuno la sussistenza e la possibilità di partecipare alla società nel quadro della sua politica economica. L’obiettivo sarà raggiunto restando nell’ambito delle competenze conferite all’Ue dai trattati. Chiediamo alla Commissione europea di presentare una proposta relativa a redditi di base incondizionati in tutta l’Unione che riducano le disparità regionali al fine di rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale nell’Ue. Ciò porterà a conseguire l’obiettivo della dichiarazione comune del Consiglio europeo, del Parlamento europeo e della Commissione europea, formulata nel 2017, secondo cui ‘l’Ue e i suoi Stati membri sosterranno inoltre regimi di previdenza sociale efficienti, sostenibili ed equi per garantire un reddito di base’ al fine di combattere le disuguaglianze”.

È interessante notare che tale iniziativa pone con forza il requisito della “incondizionalità” come punto qualificante la proposta di garantire un reddito di base. A ciò si aggiunge il requisito che il reddito di base deve essere di un livello “sufficiente” tale da garantire l’autodeterminazione e la libertà di scelta della persona.

La definizione di “reddito di base incondizionato”, come è presentato nel sito ufficiale della campagna (https://europa.eu/citizens-initiative/initiatives/details/2020/000003_it), fa perno sul fatto che il Rbi “non deve sostituirsi allo Stato sociale, ma piuttosto completarlo e trasformarlo da uno Stato sociale assistenziale in uno Stato sociale emancipativo” e deve essere universale, individuale, incondizionato e sufficiente, tale da garantire l’esercizio del diritto di scelta (anche di dire no).

Crediamo che tale impostazione sia la condizione per iniziare a discutere quale welfare sia adeguato per far fronte ai nuovi processi di valorizzazione del capitalismo contemporaneo.

E’ necessario partire da alcuni punti.

  1. Condizioni di lavoro e struttura del welfare sono due facce della stessa medaglia. Non si può intervenire sull’uno senza intervenire sull’altro. Sarebbe bello se nelle vertenze in atto se ne tenesse conto, laddove è ovviamente possibile.
  2. I settori del welfare sono quelli che oggi presentano le più alte possibilità di accumulazione capitalistica. Salute, istruzione, servizi di pubblica utilità hanno subito nelle ultime decadi profondi processi di ristrutturazione che si sono sviluppati in due principali direzioni. Da un lato buona parte del welfare è oggi sottoposto a una fase di finanziarizzazione, secondo la quale la possibilità di accedere a tali servizi passa attraverso l’intermediazione dei mercati finanziari e assicurativi privati. Fondi pensioni, assicurazione sanitarie, accensioni di debiti per l’istruzione sono solo alcuni esempi degli strumenti che oggi selezionano in modo discriminatorio, in funzione del reddito disponibile, la possibilità di godere di tali servizi. Il principio di universalità dei servizi sociali è oggi un pallido ricordo, in linea con i dettami dell’idea di “workfare”. Dall’altro, si è modificata la logica della governance di tali servizi anche quando rimangono di gestione pubblica-statuale. La diffusione del New Public Management ha introdotto anche nell’impresa statale il criterio dell’efficienza e della profittabilità soprattutto all’indomani delle liberalizzazioni che hanno trasformato tali società in Spa, aprendo così la strada a possibili privatizzazioni (vedi caso Enel in Italia).
  3. E’ quindi il welfare oggi a rappresentare il terreno più fertile per aprire una potenziale stagione di nuova conflittualità. Partire dal welfare (dal bios, dalla vita) per arrivare alla cura e al lavoro.

Ci domandiamo ora quali possono essere le strategie più adeguate per far partire questo nuovo fronte di potenziale conflittualità, ovvero una vertenza tesa a migliorare le condizioni di vita (che vanno oltre le condizioni di lavoro e della cura), in grado di ridurre e ricomporre la frammentazione sociale che oggi domina.

L’obiettivo è costruire un nuovo modello di welfare, che ci piace chiamare “Commonfare” (Welfare del comune), in grado di garantire il più possibile l’autodeterminazione delle persone, garantire in modo effettivo e reale (e non solo formale) l’esercizio del diritto di scelta (anche di dire no), al fine di partecipare in modo attivo alla cooperazione sociale e riappropriarsi dei beni comuni naturali e intangibili (conoscenza, formazione, salute, socialità, riproduzione sociale) in grado di creare la ricchezza comune sociale.

L’dea di “Commonfare” si basa su tre pilastri.

  1. Reddito di base incondizionato, inteso come reddito di remunerazione (e non solo di protezione sociale), ovvero reddito primario, finalizzato a riconoscere quegli atti della vita umana che sono oggi, grazie alle tecnologie algoritmiche, produttrici di valore di scambio a vantaggio delle corporations multinazionali e che oggi avvengono in regime di gratuità. Il lavoro non pagato si accompagna sempre più al lavoro precario come paradigma della contemporaneità, in un processo di dumping sociale e salariale sempre più pesante (https://www.questionegiustizia.it/articolo/il-reddito-di-base-sociale-incondizionato-rbsi-come-reddito-primario-e-istituzione-del-comune_28-04-2020.php).
  2. Accesso libero e gratuito ai beni comuni, naturali e intangibili
  3. L’utilizzo di strumenti di autonomia monetaria per non dipendere dai vincoli imposti dai vari patti di stabilità, tramite la creazione di circuiti monetari alternativi, finalizzati ad aprire un bilancio pubblico sociale, gestito dal basso (che si aggiunge, senza sostituirlo, a quello tradizionale in euro), in grado di finanziare gli interventi di “Commonfare”.

La raccolta di firme europea si muove dunque all’interno di questo contesto e presenta solide basi teoriche per la sua implementazione.

Per firmare, è sufficiente andare sul seguente sito: https://eci.ec.europa.eu/014/public/#/screen/home con il numero del proprio documento di identità e si firma con facilità. Si tratta, infatti, di una procedura semplificata e de-burocratizzata.

Tratto da Sinistra Sindacale

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