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Per un’Europa alternativa dei beni comuni e della democrazia

di intervista a Lorenzo Marsili

Intervista a Lorenzo Marsili, direttore di European Alternatives, e promotore di un forum di tre giorni – dall’10 al 12 febbraio – al Teatro Valle di Roma su “Reddito, Beni Comuni, Democrazia. Dalle campagne europee all’affermazione di un’Europa alternativa”6 febbraio 2012 – Nicola Vallinoto

[NV]. L’Europa si trova in un momento difficile della sua storia. Di fronte alla crisi economica e finanziaria i governi europei con il nuovo trattato sul Fiscal compact danno una risposta che punta sulla sola austerità mentre in un momento di recessione sarebbero necessarie politiche di investimento e di rilancio basate su un modello alternativo di globalizzazione. In questo contesto quali sono le motivazioni del forum del Teatro Valle.

[Lorenzo Marsili]. La stesura del Fiscal compact rende chiara a tutti quella «rivoluzione dall’alto», come ha scritto Etienne Balibar, che sollecitata dall’iniziativa dei mercati finanziari sta riducendo in briciole la democrazia liberale che abbiamo conosciuto a partire dal secondo dopoguerra.Noi crediamo che l’unico modo di recuperare la sovranità perdura, restituendo quindi ai cittadini la facoltà di decidere autonomamente del proprio futuro, risieda nella costruzione di un vero contro-potere cittadino e transnazionale, capace di costruire un’Europa incentrata sulla solidarietà, la partecipazione, e il controllo democratico sull’economia e la finanza. Non c’è possibilità di riconquistare la capacità di decidere liberamente del destino delle nostre società e di aprire un varco a politiche alternative se non riusciamo a  pretendere e ad ottenere una democratizzazione radicale dello spazio europeo, contro tutte le tendenze attuali di delega del potere a logiche intergovernative, a élites economico-finanziarie e al consenso dei mercati. E crediamo che siano tanti, in Europa, a pensarla in questo modo. Per questo ci stiamo mobilitando, assieme a tante e tanti, oltre 40 associazioni in tutta Europa, per «invertire la rotta». Dal 10 al 12 febbraio, per tre giorni al Teatro Valle occupato di Roma, si aprirà un confronto a tutto campo sull’Europa che vogliamo. L’idea è quella di dare vita ad un nuovo spazio pubblico transnazionale, una “costituente dal basso” che sappia federare istanze politiche e conflitti, componendo linguaggi e pratiche tra loro differenti, ma tenuti insieme dal filo di una comune spinta europeista, ostile all’Europa che c’è e al disastro che ci attende, ma capace di delineare un’alternativa chiara e soprattutto di portarla avanti a livello transnazionale.

[NV]. Il programma del forum prevede la socializzazione di alcune tematiche relative a beni comuni, reddito minimo e democrazia e il lancio di campagne europee. Ci puoi offrire un’anticipazione dei contenuti.

[Lorenzo Marsili]. Si parte da due questioni programmatiche decisive: i beni comuni il primo giorno, il reddito garantito il secondo. In entrambi i casi si tratta di questioni che, se conquistate sul terreno normativo, sarebbero in grado di rovesciare il delirio monetarista di Francoforte e di ridefinire la costituzione materiale europea. Ma si tratta soprattutto di grandi rivoluzioni culturali capaci di trasformare il senso comune e dunque lo spazio politico in cui viviamo. Dire reddito significa ripensare la distribuzione sociale della ricchezza: in un contesto produttivo dove la precarietà diventa regola e la vita viene messa continuamente al lavoro, la conquista politica di una base  reddituale sicura e incondizionata significa uscire dall’incubo del ricatto ripensando al rapporto fra lavoro e tempo libero per lo svago e la cittadinanza attiva, in una dialettica che può essere interamente ripensata in chiave di beni comuni. La sfida dei beni comuni – come abbiamo imparato in Italia con il referendum del 12-13 giugno – è la sfida della democrazia contro il saccheggio, l’autoritarismo e lo sfruttamento sociale ed ambientale: è il mondo qualità e della bellezza che si contrappone a quello dell’accumulo e dell’abbruttimento produttivo. Di qui l’importanza del Teatro Valle Occupato, luogo simbolo da questo punto di vista. Come sappiamo cittadinanza ed inclusione non cadono dal cielo ma devono essere strappati da un’iniziativa politica ampia e radicale. Per questo immaginiamo la costruzione di due grandi campagne europee, in grado di coinvolgere movimenti e associazioni, amministratori locali e forze sindacali. In questo senso, l’utilizzazione dello strumento dell’Ice (Iniziativa dei cittadini europei), prevista dall’ art. 11 del trattato di Lisbona, deve essere usata in modo contro-egemonico, divenendo uno stimolo a connettere soggetti eterogenei, a far crescere l’attenzione e l’emozione pubblica, ad arricchire lo sfondo all’interno del quale far emergere in primo piano le lotte concrete. Dobbiamo sommergere la Commissione (ed indirettamente il Consiglio) con decine di milioni di firme che chiedano l’apertura di un processo costituente politico vero. I temi che affronteremo al Valle devono diventare i temi di un grande dibattito politico, indispensabile ingrediente della costituente di un demos europeo.

[NV]. Jean Monnet diceva che “nulla si fa senza gli uomini, ma nulla dura senza le istituzioni”. Secondo te le attuali istituzioni europee sono sufficienti a far funzionare in modo adeguato una Unione di più di 500 milioni di cittadini/e oppure ritieni necessario un progetto diverso per lo sviluppo di un’Europa alternativa ?

[Lorenzo Marsili]. Uno dei problemi del fiscal compact è precisamente il tentativo di aggirare le istituzioni comunitarie, e in primis il Parlamento europeo, procedendo con una logica puramente intergovernativa che si traduce, inevitabilmente, nel governo degli stati economicamente più forti, con conseguente perdita di qualunque voce in capitolo della cittadinanza europea. L’Unione europea è il primo e forse il più compiuto esempio di uno spazio politico per la sperimentazione di nuove forme di collettività e di collaborazione politica transnazionale. Di questo spazio, nella piena coscienza delle sue manchevolezze e criticità, è ora però necessario riappropiarsi.

La lotta per la democrazia e per l’autonomia deve essere ripresa con forza a livello transnazionale. La governance europea deve divenire spudoratamente politica, e ciò significa che partiti politici e movimenti europei devono offrire alternative chiare su scala continentale e avere il potere di portarle a fruizione. Le istituzioni europee e il processo di integrazione dovrebbero essere precisamente ciò che garantisce alla cittadinanza il potere di tornare a prendere le decisioni chiave sul proprio futuro, restituendo al singolo cittadino europeo la sovranità perduta dallo stato nazionale.

Per questo è importante andare al di là di episodici forum o incontri internazionali “per l’altra Europa”, e immaginare nel brevissimo tempo forme di collaborazione transnazionale forti ed efficaci, capaci di mettere in campo una grande carovana europea lungo tutto l’arco del 2012 e oltre che dia vera soggettività politica a tutte quelle forze sociali e cittadine che, riconoscendosi nella necessità di un progetto politico transnazionale, rigettano l’attuale deriva economicista, inter-governativa, e socialmente inaccettabile dell’Europa. E’ questo a cui stiamo lavorando, e l’appuntamento del Teatro Valle Occupato non sarà che un inizio.

Tratto da Pacelink

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