mi piacerebbe che tu leggessi questa mia nota come se fosse una tappa, né la prima né l’ultima, di un discorso sul sud e l’attualità politica che non intende descrivere l’esistente ma cogliere il futuro che nel presente già si intravede. Mi piacerebbe considerare queste note, sperando nella tua voglia e pazienza, come i frammenti di un mosaico da costruire assieme, un po’ per volta, da una ipotesi ad un’altra successiva. Un mosaico con i contorni e parte dello sfondo ancora confusi ma con il disegno complessivo che comincia a prendere forma, i tratti del bassorilievo a delinearsi e i colori a vivacizzarsi, seppur il tutto sia ancora a macchia di leopardo.

Ti avviso sin d’ora lettore che alcuni frammenti coincideranno, per colore e dimensioni, al disegno per come viene a manifestarsi, altri lo saranno meno e altri non lo saranno affatto, ma anche questi ultimi saranno importanti, perché ci faranno rendere conto degli errori commessi, delle ipotesi infondate o mal congegnate, delle cose che non siamo riusciti a vedere e dei colori ai quali non abbiamo dato giusta luce. Insomma, come le conferme serviranno ad orientare il discorso le smentite sapranno farci cambiare rotta senza perdere la bussola.

Detto ciò, questa terza Nota trae spunto dagli ultimi prodigi del governo italiano, che hanno visto il Movimento 5 Stelle, alleato del leghista Salvini, decretare sul «reddito di cittadinanza» che, sin dagli esordi contestatari, è stato il primo punto del loro programma, ciò che li ha contraddistinti e per il quale – essi dicono – hanno lottato alacremente.

Mi viene da pensare, a vedere cosa hanno fatto diventare la misura del Reddito, che sarebbe stato per loro più proficuo tornare alle elezioni dopo lo stallo seguito al voto politico del 04 marzo. Per un semplice motivo: perché questa misura, insieme all’alleanza “stipulata”, crediamo rappresentino la cifra della loro discesa politica.

Caro lettore, avremo modo di vedere se le cose stanno cosi o meno, nel frattempo però facciamo un passo indietro per farne a breve un paio in avanti.

Cominciamo dal Reddito che, per chi scrive, avrebbe effettivamente potuto rappresentare la cartina di tornasole del cambiamento nel nostro paese. Ma quale Reddito alla fin fine hanno istituito? Il peggio che poteva essere concepito. È probabilmente inutile prolungarsi sulla diversità essenziale che esiste tra un reddito (di base) incondizionato, inteso come remunerazione del valore economico prodotto dalla cooperazione sociale (e non distribuito) e un reddito (di cittadinanza), declinato come un sussidio di disoccupazione, una sorta di aiuto ai poveri dato a patto che questi ultimi mantengano i comportamenti che il governo ritiene siano propri dei poveri e consoni al loro regime di povertà. Quest’ultima accezione, privilegiata dai 5S nonostante sia molto diversa da quanto auspicato dal loro padre Beppe Grillo, è davvero miserevole. A sentire chi si è occupato di reddito ben prima e ben meglio dei 5S si resta attoniti: un «reddito di sudditanza», concepito come uno strumento di controllo e assoggettamento disciplinare[1]. Ed i motivi che hanno condotto egregi autori a dire ciò, caro lettore, sono numerosi e inoppugnabili. Per rendersene conto basta leggere il decreto: dai 9,5 milioni di precari presenti in Italia, che avrebbero dovuto far parte della platea dei riceventi, quelli che otterranno il reddito saranno meno di 5 milioni; è obbligatorio accettare le proposte; è obbligatorio lavorare 8 ore a settimana presso un Ente locale; sono previsti 6 mesi di carcere per false dichiarazioni; sono esclusi gli stranieri residenti in Italia da meno di 10 anni; hanno priorità i giovani disoccupati che cercano lavoro da meno di due anni, eccetera, eccetera. Questo semplice elenco, non esaustivo, è indice di come i 5S abbiano stravolto e snaturato l’idea di reddito che essi stessi propugnavano quando si sentivano cittadini, prima di diventare governatori e ministri. Non parliamo poi della distanza tra quanto effettivamente istituito ed un reddito di base che rispecchi le recenti trasformazioni capitalistiche (automazione, robotizzazione, economie di rete, eccetera): anni luce! Il grillino dice: sei povero o disoccupato? io ti aiuto ma devi fare quello che io ti dico di fare, “devi vivere” come io ti dico di vivere, devi consumare come un povero ed io solo so come vivono i poveri!

Quando anni fa scrivevo sui giornali locali, su invito di qualche amico direttore, ritenevo che, in particolare nel sud: «il problema del “reddito” è politico perché potrebbe sottrarre i giovani (e tutti coloro i quali si trovano in condizioni di povertà) dal ricatto sociale clientelare. Dal momento che si può contare su un reddito d’esistenza, seppur minimo, non sono “obbligato” a condividere le relazioni clientelari, cosi come sono libero di non obbedire ciecamente a quei valori “socialmente testati” per i quali l’affiliazione al network di potere è la cosa determinante per una vita dignitosa. In altri termini il reddito minimo garantito moltiplicherebbe l’indisponibilità dei giovani meridionali a far parte dell’attuale assetto di potere clientelare, il quale si troverebbe svuotato senza più sudditi ai quali concedere favori ma con cittadini liberi titolari di diritti fondamentali»[2]. Nel corso degli anni, vedendo la strana creatura pentastellata che issava la bandiera del reddito, lo confesso, ho pensato che, forse, era giunto il momento propizio per una sorta di “fuga dai rapporti clientelari”. Mi sono dovuto ricredere, il reddito di cittadinanza dei 5S non ha neppure lontanamente una tale valenza politica, anzi, è stato configurato cinicamente (o stupidamente, il risultato è lo stesso) affinché lo Stato si sostituisca a padrini e padroncini senza però che i sudditi cessino di essere tali. Il cambiamento pronunciato dai nuovi governanti, allora, verrà presto compreso per quello che è: una politica miope e miserevole, sostanzialmente peggiore delle politiche assistenziali della prima repubblica, quando almeno per garantire la stabilità elettorale e la coesione politica i governanti avevano capito che ai sudditi andavano garantite le condizioni economiche (nella fattispecie uno stipendio) per l’intera esistenza.

Passiamo ora al secondo motivo che ispira la nostra ipotesi sulla futura decrescita politica del movimento 5 stelle nel sud: l’alleanza con Salvini, il ministro di polizia al quale piace fare il duro. Non è questa la sede per commentare le frasi e i comportamenti fascisti (del tipo: “chi aiuta gli stranieri odia gli italiani”, e cosi via) che il tipo esprime di consueto, mi soffermo solo su un dato che, politicamente evidente da lungo tempo, comincia oggi ad essere rilevato anche da giornalisti (meglio tardi che mai) e, probabilmente, da qualche magistrato insonne (non che ce ne freghi nulla del piano giudiziario). In poche parole, riteniamo che Salvini, affinché la Lega – forgiatasi sul razzismo anti meridionale e sul secessionismo – avesse qualche chances di diventare un partito nazionale, ha flirtato (o lasciato che altri lo facessero) con i poteri più antidemocratici, retrogradi e violenti del sud: estrema destra e ‘ndrangheta. I giornali cominciano ad accumulare articoli su questa relazione ed i 5S, forse ancor di più del ministro di polizia, saranno quelli che pagheranno il prezzo politico maggiore. Vallo a spiegare poi che il rapporto tra i partiti di governo si basava sui contenuti di un contratto e non su altro, che il governo con Salvini è stata una necessità data dalle circostanze elettorali, che i grillini non sapevano ne immaginavano nulla e sono sempre stati onesti e cosi via. La politica non ammette certe cose, non sempre apprezza la coerenza e, soprattutto, prima o poi, chiede il conto delle contraddizioni irrisolte: «Assolver non si può chi non si pente / né pentere e volere insieme puossi / per la contraddizion che nol consente»[3].

Nella precedente Nota[4] accennavamo al fatto che il pieno di voti di protesta che i  pentastellati hanno ricevuto dai meridionali, che per la prima volta nella storia unitaria non hanno privilegiato il voto governativo, poteva facilmente tradursi in un boomerang nel caso in cui il partito di Di Maio non fosse stato in grado di generare quel significativo cambiamento dei rapporti politici che i 5S hanno sbandierato ai quattro venti. Insomma, scrivevamo che: «se i 5S non daranno prova di essere davvero “il nuovo” verranno anch’essi seppelliti dai meridionali che li hanno provvisoriamente eletti a speranza per il futuro». Più in particolare, ai primi di marzo dicevamo che «nel caso in cui i grillini riuscissero a formare un nuovo governo sapremo finalmente di che pasta sono fatti, sapremo anche quanto conoscono il Sud, come lo interpretano e quali capacità di governo politico siano in grado di esprimere. Vedremo in altri termini quanto siano affilate le cesoie che dicono di possedere e quanta voglia abbiano di usarle per ridurre in brandelli la rete correttiva del mezzogiorno. Vedremo quanto sapranno affrontare i nodi locali di potere che, seppur perdenti, sono ancora aggrovigliati come nocivi parassiti nel tessuto vitale del sud. Se invece, come qualcuno già pensa, nel suo avanzare il M5S tenderà a inglobare le cordate locali invece di scalzarle, appena si daranno le condizioni propizie i meridionali ormai liberi da padrini e patroni faranno fare loro la fine del precedessore toscano».

La scelta di governare con Salvini, che qua e là, direttamente o indirettamente, abbraccia poteri neri sarà incomprensibile per chi ha cercato, pur con la delega, di «sottrarsi alla consueta cattura elettorale e di sfiduciare i tradizionali poteri clientelari ai quali Renzi e i suoi hanno cercato di ridare fiato». Il M5S, da questo punto di vista, non verrà considerato il nuovo che avanza, tutt’al più il novello che cerca confusamente e ingenuamente di farsi strada calpestando la minor quantità di merda possibile, ma l’ingenuità politicamente non paga ed il ritornello difficilmente resterà inascoltato: dimmi con chi stai e ti dirò chi sei!

 

NOTE

[1] La bibliografia sul Reddito è ampia e di spessore. Mi limito qui a ricordare solo gli interventi recenti di Marco Bascetta e Roberto Ciccarelli sul Manifesto; di Andrea Fumagalli su Effimera; di G. Allegri nel libro Il reddito di base nell’era digitale e l’instancabile lavoro di raccolta, diffusione e promozione svolto dal Basic Income Network (www.bin-italia.org)

[2] Il Quotidiano della Calabria (19/07/2011). V. anche 06/12/2011; 24/02/2012; 18/09/2013

[3] Dante, Inferno, XXVII, 118 – 120. Siamo nell’Ottava bolgia dell’VIII cerchio dove scontano la loro punizione i consiglieri fraudolenti. Si narra di Bonifacio VIII che, in guerra contro i Colonna, chiese consiglio a Guido di Montefeltro per conquistare la rocca di Palestrina. Il consiglio fu di garantire il perdono senza poi mantenerlo, cosicché i suoi nemici si recarono a Rieti lasciando sguarnita la rocca che Bonifacio fece radere al suolo. Le cronache dell’epoca sintetizzarono, nei termini che noi oggi appioppiamo ai 5S, «promettete molto, mantenete poco delle promesse fatte». E i fraudolenti avranno l’inferno che gli spetta.

[4] «Nota meridionale sui risultati elettorali», in “Sudcomune”, “Effimera” e “Commonware”, (marzo 2018)

 

Immagine in apertura: Tano D’Amico, Napoli, 1972

Tratto da Effimera