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«Italia vietata ai minori». Dal Canada un’indicazione sul reddito di base

di Toni Casano

un breve raffronto delle politiche sociali italiane a sostegno dei minori e delle   famiglie che versano in condizioni di povertà con il programma governativo del paese nordamericano denominato “Canada Child Benefit”

Sulle pagine di BIN-Italia, il network multidisciplinare che raggruppa vari studiosi delle diverse scienze sociali, i quali da anni si occupano di studiare, progettare e promuovere interventi indirizzati a sostenere l’introduzione di un reddito garantito in Italia, in questi giorni, nell’ambito di uno articolo a firma di Sandro Gobetti, è stata resa consultabile la ricerca del Canadian Centre for Economic Analysis, in uno con la sintesi del programma governativo denominato  Canada Child Benefit, una misura di sostegno al reddito introdotto nel paese nordamericano in favore dei bambini. O meglio una sorta di vero e proprio reddito di base incondizionato -così come definito dal network italiano sopracitato- erogato su scala generale alle famiglie o persone con bambini. Basti dire che il 67% delle famiglie con figli riceve il beneficio del Canadian Child Benefit e che il 90% dei bambini sotto i 18 anni fa parte di famiglie che ricevono questo reddito.
Il programma prevede un’articolazione dell’entità quantitativa degli assegni destinati ai beneficiari: la misura di sostegno minima prevista si attesta a poco più di 600 dollari al mese, assegno in atto goduto da ben oltre 1 milione di famiglie; mentre 400 mila sono i nuclei familiari che percepiscono più di mille dollari al mese; e, a seguire,  225mila famiglie ricevono oltre 1400 dollari al mese. Nel quadro della misura-CCB è prevista anche un sostegno al reddito in favore delle mamme single, alle quali è riconosciuto un assegno mensile di 1000 dollari: in atto il numero di mamme single a bassa redditualità che ricevono il beneficio canadese sono complessivamente 100mila.
Naturalmente gli effetti registrati dall’applicazione del programma sono stati –da un lato- l’aver arginato il declino di ampie fasce sociali sotto la soglia di povertà e –dall’altro- ha consentito di sollevare dalla condizione di indigenza quelle famiglie con difficoltà economiche cronicizzate. In sostanza, un resoconto in linea con gli obiettivi immediati prefigurati dalle manovre finanziarie poste in essere dall’operatore pubblico. Infatti, così come viene segnalato dalla sintesi del programma governativo Canadian Child Benefit,  v’è stato in primo luogo “un maggiore accesso ai cibi nutrienti e migliori risultati sulla salute fisica, mentale e cognitiva dei bambini”.
In Italia si stima che oltre 1 milione di bambini vivono sotto la soglia della povertà, in condizione di assoluta privazione o scarsità di mezzi, tant’è che sulla base dell’ultimo “Atlante dell’infanzia a rischio” -riferito all’anno corrente- Save the Children ha lanciato l’allarme denunciando lo Stato italiano come “un  Paese vietato ai  minori”.
In sostanza, raffrontata al quadro canadese in esame, la penisola italica orbita su ben altri sistemi planetari se consideriamo  quel che al massimo sono in grado di escogitare  i patria-governanti , e qui senza alcuna distinzione tra destra e sinistra: assegni-bebèquoziente-familiarebonus mamma domanibonus asilo nido, fino alla più recente invenzione della carta-bimbi, ovvero l’assegno di natalità che con pura ipocrisia la compagine giallorosè definisce “assegno universale di natalità” per i figli a carico, quindi con una redistribuzione ad importo variabile a seconda dell’appartenenza alla fasce di reddito certificabile col solito ISEE. Insomma siamo ancora fermi ad una visione dello stato-elemosiniere che, così come per il cd “reddito di cittadinanza”, dimostrerà tutta la sua inflessibile nel colpire le eventuali furberie, magari mostrando così di saper fare la lotta all’evasione. Intanto i percettori di tali misere misure subiscono la colpa della loro povertà, venendo marchiati e bollinati ogni qualvolta presentano un voucher  o una carta speciale di riconoscimento per la prestazione loro erogata. Basterebbe semplicemente dotare la platea dei beneficiari di un bancoposta senza costi aggiuntivi per restituire dignità di cittadinanza, del pari a qualsiasi altro consumatore: perché si deve identificare quel bambino che usufruirà  del bonus asilo nido rispetto agli altri che possono permettersi la retta ? E perché i sevizi pubblici latitano in favore di quelli privati, i quali sono avvantaggiati dalla legislazione occupazionale che legittima la precarietà a vita?
Ovviamente, messi a confronto le misure di sostegno economico nostrane con quelle canadesi, di cui abbiamo fatto cenno, le filosofie delle prime evidenziano l’assoluta irrilevanza ed inconsistenza  del tema sul contrasto alla povertà e su quello della crescita demografica. Infatti non è il solito luogo comune sul ceto politico italico definire approccio straccione tipico della lenta capacità (o incapacità) progettuale, di una visione della società ancora inchiodato sulla razionalità lavorista e che l’unica chiave di accesso al reddito è il salario, nonostante tutti i limiti mostrati dalla tendenza occupazionale, facendo finta di nulla sui risultati recessivi delle politiche economiche improntate tutte su manovre restrittive che si traducono in lacrime e sangue per la maggioranza della popolazione, lasciando senza speranza di alcun futuro soprattutto quei giovani e i meno giovani ancora alla ricerca di sbocchi progettuali che non siano relegati ad una vita di precarietà assoluta.
Bene, si dirà che l’Italia non può permettersi un sistema di welfare state e che già in passato ha scialacquato oltre i limiti consentiti dalle proprie possibilità economiche. Inoltre, le nostre manovre finanziarie sono sotto osservazione e devono passare per le lenti dell’UE, la quale non concederebbe mai ciò che non ha concesso ad altri paesi dell’Unione (Grecia docet!).
Quindi non esistono altre alternative! Ma è proprio così ? Hanno ragione coloro che invocano perennemente il Cottarelli di turno o il Monti premier tecnico per aggiustare i conti dello Stato, tenendo sotto controllo la spesa pubblica nel solco del fiscal compact ?
Guardiamo di nuovo al caso-Canada. Dall’espansione dei pagamenti del programma-CCB, negli ultimi 3 anni si sono rilevati contestualmente tre dati congiunturali: 1) una maggiore crescita economica; 2) una riduzione dell’inflazione e 3) una diminuzione della disoccupazione. Dal punto di vista sociale invece, grazie all’erogazione dell’assegno CCB ad oltre 500 bambini, si è registrato il dato secondo cui 250 mila famiglie sono fuoriuscite dalla loro condizione di povertà estrema. Inoltre la misura di sostegno ha stimolato “la crescita della classe media per le famiglie con un bambino, con una crescita di quasi 4.000 dollari l’ anno e per le famiglie con quattro bambini vi è stata una entrata maggiore di quasi 19.000 dollari. Per oltre la metà dei destinatari la cui famiglia guadagna più di 60.000 dollari l’ anno, il CCB aiuta a mantenerli nella classe media”.
La cosa sorprendente è che la  spese relative al CCB ha generato “85 miliardi di dollari di ricavi all’anno e 18 miliardi di profitti lordi per le imprese”. In conclusione, dai dati della ricerca pubblicata emerge che per ogni dollaro investito dal programma sociale di finanziamento pubblico si generano “2 dollari del PIL nazionale ed oltre 55 centesimi vengono recuperati in tasse derivanti dalle attività economiche”.

Forse sarebbe bene che la ricerca del Canadian Centre for Economic Analysis divenisse oggetto di studio non solo in Italia, ma anche in Europa, magari per varare un quantitative easing a sostegno di un reddito di base.

Tratto da Commonfare

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