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Finlandia: verso modelli alternativi per un reddito di base

Con l’impegno espresso di governo del primo ministro Juha Sipilä di condurre un progetto pilota per valutare gli effetti di un sistema di reddito di base, l’idea di un reddito di base incondizionato è venuto alla ribalta del dibattito politico finlandese. Il dibattito ha una lunga storia nel campo politico finlandese, e diverse iniziative e modelli sono stati resi pubblici dal 1980. Un recente documento di lavoro pubblicato dalla Istituto delle assicurazioni sociali finlandese (Kela) ripercorre la storia del dibattito reddito di base e delinea alcune soluzioni per un vero e proprio sistema di reddito di base incondizionato e che porta con se alcune caratteristiche di un reddito di base universale. Il documento prodotto sarà utilizzato come sfondo di analisi per preparare il terreno per la sperimentazione prevista nei prossimi anni.

Il documento di lavoro inizia con la presentazione della storia delle idee e del dibattito su un reddito di base universale o reddito di cittadinanza. I concetti e gli obiettivi collegati ad esso hanno variato nel corso degli anni. Nel 1980, un reddito di base universale è stato presentato come una risposta alla disoccupazione causata dal calo dell’occupazione industriale e come un modo per garantire una partecipazione significativa nella società per le persone espulse dal mercato del lavoro. In seguito alla depressione economica degli anni ’90 la discussione sul reddito di base si è collegata con la questione della flessibilità del mercato del lavoro ed offrire una base economica a coloro che lavoravano con irregolarità o percepivano bassi salari. Il reddito di base è stato proposto anche come un modo per fornire sicurezza economica a coloro che sono lavoratori autonomi o impiegati in modo intermittente.

Vari modelli sono emersi dalle fonti politiche ed accademiche e si differenziano per il livello del reddito proposto, l’ammissibilità, la relazione con il resto del sistema di welfare già presente, così come le forme di finanziamento ed i principali obiettivi da raggiungere. Oltre ai modelli di reddito di base, sono state proposte una serie di altre riforme che somigliano a un sistema di reddito di base incondizionato. Gli obiettivi sia del reddito di base che delle altre riforme simili sono stati proposti per razionalizzare l’attuale sistema di sussidi, semplificare le strutture amministrative, eliminare i disincentivi che hanno a che fare con l’interazione tra i vari benefici.
Più di recente, modelli teorici per un sistema di reddito di base universale sono state avanzate dal partito dei Verdi (nel 2007/2014) e l’Alleanza di sinistra (nel 2011). Nel modello dei Verdi, tutte le persone in età lavorativa che sono coperti dal sistema di sicurezza sociale riceverebbero un reddito di base di 560 euro. Questo sarebbe finanziato tassando i guadagni inferiori a 50.000 euro ad un tasso del 41 per cento e gli eventuali guadagni di sopra al 49 per cento. I redditi da capitale sotto 40.000 euro l’anno sarebbe tassato al 33 per cento e al 35 per cento quelli superiori. Ulteriori finanziamenti verrebbero da un aumento della tassa di proprietà e dalla riduzione dei sussidi fiscali dannose per l’ambiente. Il modello proposto da Alleanza di sinistra è che tutte le persone in età lavorativa avrebbero ricevuto un reddito di base di 620 euro al mese. Questa potrebbe essere incrementata di altri 130 euro. Il modello prevede il means test e sarebbe finanziato tassando i guadagni dei redditi da capitale su una scala progressiva dal 30 al 57 per cento.

In entrambi i modelli il reddito di base avrebbe ulteriori misure di reddito indiretto sotto forma di sostegno per l’alloggio, pagamenti supplementari nell’ambito del programma di assistenza sociale etc.

Altri modelli per la riforma del sistema di sicurezza sociale che possono somigliare a forme di reddito di base universale, sono stati pubblicati negli ultimi anni. Nel 2014 ne è stato presentato uno dal think tank finlandese “Libera” e si fonda sull’idea di una forma di prestito di previdenza sociale. Secondo questo modello, ogni persona riceverebbe un pagamento iniziale di 20.000 euro che sarebbe depositato sul proprio conto personale con una crescita del 10% di interesse. Un eventuale azzeramento del conto potrebbero vedere un ulteriore “prestito” raggiunta l’età dei 65 anni. Anche il modello proposto ad autunno del 2015 dalla “Democrazia cristiana”, si riferisce alle proposte del “welfare attivo”. L’idea è quella di unificare tutte le prestazioni sociali in una sola forma di sostegno. Anche qui vale il means test per accedervi in modo da mantenere gli incentivi per il lavoro. Il modello di “sicurezza generale” proposto dall’Organizzazione socialdemocratico giovanile si compone di tre livelli: il più basso è un reddito minimo garantito, che funziona allo stesso modo di una imposta negativa sul reddito; il livello intermedio è un reddito condizionato; e il livello più alto è un reddito “attivo” per migliorare la propria occupabilità. Anche sotto questo modello, vi è un forte legame tra reddito da lavoro.
L’analisi dei modelli di reddito di base universale proposti mostra che ciascuno dei modelli richiedono ulteriore sviluppo e studio. Poiché il sistema di welfare è complesso una possibile soluzione a questo sarebbe quella di regolare il legame tra diversi benefici, soprattutto sussidi per l’alloggio e un adeguato livello di reddito di base che impedirebbe il continuo bisogno di altre misure di assistenza sociale. Un registro nazionale dei redditi consentirebbe il monitoraggio in tempo reale dei redditi da qualsiasi fonte. Tra gli effetti che un sistema di reddito di base universale sarebbe in grado di produrre, i più interessanti sono ovviamente quelli che sono di natura dinamica, cioè legati al comportamento delle persone una volta ricevuto il benefit cosi come delle imprese. Il progetto pilota previsto dal governo servirà proprio a testare tutte queste informazioni. È molto probabile, tuttavia, che molti degli effetti psicologici, sociali e strutturali di un sistema di reddito di base universale non riusciranno ad emergere in soli due anni di sperimentazione. Tuttavia l’esperimento è un passo importante verso la realizzazione di un sistema più funzionale di welfare.

Per maggior informazioni sull’articolo clicca qui (in inglese)

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