riceviamo e volentieri pubblichiamo:
L’estenuante campagna scatenatasi già all’indomani dell’emanazione della Legge sul Reddito di Cittadinanza è arrivato ai suoi obiettivi più beceri e devastanti, con l’aggiunta della beffa simbolica di presentare la manovra che cancella quel poco di contrasto alla povertà e alla precarietà maturato in questi ultimi anni nel giorno del 1 maggio.
Il nuovo cosiddetto DECRETO LAVORO, in sostanza, decreta più Lavoro Precario, con la cancellazione delle causali per il rinnovo dei contratti a termine rendendoli infiniti, decreta più Lavoro Nero, cancellando la congruità della proposta di lavoro (leggi Salario) per cui un percettore di Reddito è costretto ad accettare, pena la decadenza del sostegno. Decreta la cancellazione del diritto al percepimento del reddito di cittadinanza per centinaia di migliaia di persone per la stragrande maggioranza collocate nel Meridione determinando i meccanismi di ricatto sociale e di migrazione interna che ben conosciamo. Il tutto condito da una assurda e insensata idea di sostegno alla natalità “italica”, attraverso la decontribuzione fino a 3000 euro annui dei cosiddetti fringe benefits solo per i lavoratori con prole.
In questo modo, il governo vuole disinnescare le potenzialità sinergiche racchiuse nel circuito «percezione di un reddito di sopravvivenza e spinta all’aumento dei salari per gli occupati», non a caso rende palese il target messo a fuoco da questo Governo, ma anche oltre la maggioranza parlamentare, di tenere frenati i salari e costringere all’accettazione di lavori sottopagati e sempre più precari. Non a caso si parte quando si avvia l’inizio della stagione balneare, stagione famosa per la sua sfrenata precarietà lavorativa e salariale.
Il reddito di cittadinanza, con tutte le sue criticità che hanno impedito a oltre 3milioni di aspiranti percettori\e di accedervi, ha comunque permesso a oltre 1,5milioni di persone di galleggiare appena al di sopra della soglia di povertà assoluta, costituendo anche una barricata …l’ultima… contro tutte quelle offerte di lavoro che per condizioni e salario si ponevano al di sotto dell’asticella del reddito minimo necessario a garantire la conduzione di una vita minimamente dignitosa per se e la propria famiglia.
Questo il motivo per cui imprenditori\trici di vario ordine e grado hanno versato fiumi di lacrime per il deteriorarsi della capacità di sfruttamento che erano costretti a registrare, in quanto gli impieghi sotto i 4€, con orari impossibili , turni senza programmazione, senza diritto di ferie, malattia ecc ecc non riuscivano ad essere occupati in quanto allo “sfruttato” rimaneva una possibilità di scelta….
La risposta Governativa, con il plauso trasversale di maggioranza, opposizione e sindacati, è la Truffa del Cuneo Fiscale. Operazione che getta il fumo negli occhi, con poche decine di euro, di quella fetta di occupati\e con busta paga e che ha il pregio, per le associazioni datoriali, di non far tirare un soldo in più di quelli che i CCNL “costringono” a elargire, essendo la decontribuzione operata per aumentare il salario coperta a debito, con un budget di 3mld stanziati fino a dicembre (fine del provvedimento di sostegno ai salari). Inoltre, la decontribuzione, andando ad aumentare il reddito imponibile complessivo soggetto a Irpef del Lavorator@, determinerà un ricalcolo in peggio sulle detrazioni e sull’assegno unico. Quindi per tutti quelli che fanno i salti di gioia per questo provvedimento della Meloni è bene che si facciano i calcoli di quanto ci costerà in termini di tagli del Welfare e restituzioni di IRPEF e detrazioni.
In questo senso la vastità dei percettori ancora non si rende conto pienamente dello Tsunami che sta arrivando, e allo stesso tempo i salariati non percepiscono quanto la dismissione dello strumento del reddito, coadiuvata da norme che incentivano l’inflazione e la precarietà, sia la morsa con la quale si vuole trattenere alla spinta oggettiva alla rivendicazione di aumenti salariali consistenti.
Una serie di realtà sociali e sindacali e parasindacali invece hanno compreso la portata dell’attacco nei confronti dei settori più fragili della società e avviato una riflessione comune, con l’intento di organizzare iniziative orientate al raggiungimento dell’obiettivo, al fine di stimolare la giusta reazioni all’attacco realizzato contro i settori popolari più deboli, al di fuori di quelle logiche autoreferenziali e autocelebrative che, purtroppo, hanno caratterizzato negli ultimi anni l’iniziativa politico-sindacale dei cosiddetti sindacati conflittuali e non solo.
Organizzazioni sindacali di Base, collettivi, spazi sociali, movimenti e associazioni di mutuo soccorso da qualche mese si sono posti come obiettivo la creazione di una rete che possa raccogliere l’inevitabile malcontento che maturerà nel momento in cui arriveranno le sospensioni delle prestazioni, per saldarlo ad un sempre più indispensabile movimento che reclami più salario e welfare, schiacciati ormai da troppo tempo.
La settimana di mobilitazione indetta dal 1 al 7 maggio è stata una prima verifica sulla determinazione di questi soggetti, riunitisi attorno a pochi ma indispensabili obiettivi, di costruire un processo di mobilitazione che non sarà né breve né facile nel contesto attuale, ma certamente indispensabile.
Emblematica e dirimente una su tutte, l’alleanza e la mobilitazione organizzata all’università con gli\le Student@, la quale, a partire dalla vertenza sindacale degli addetti alle Guardianie de La Sapienza organizzati nei cobas, ha saputo far emergere la connessione tra sistema di appalti, condizioni ricattatorie, salari da fame e necessità di un’ alleanza con coloro che, accedendo ad un reddito, potrebbero dedicarsi ad una formazione necessaria alle attuali sfide del mercato del lavoro, invece di entrare in competizioni con altri salariati per i mille lavoretti sottopagati e ipersfruttati a cui da sempre sono costretti. E anche la necessità di organizzare ed estendere, a partire dalla mobilitazione unitaria tra lavoratori e studenti universitari, una alleanza tra lavoratori ed utenti in tutta la pubblica amministrazione, dalle scuole alla sanità, ai beni culturali, alla giustizia, in considerazione dell’interesse comune che la fruizione servizi pubblici di qualità, in quanto beni essenziali della vita, siano sempre accessibili a tutti, garantendo al contempo assenza di sfruttamento, precarietà, discriminazione, in luoghi gestiti dallo Stato che dovrebbero sempre essere uniformati ai principi costituzionali di legalità e non discriminazione.
Lungo sarebbe il ragionamento sul perché le OO.SS. Cgil-Cisl-Uil-Ugl si girano dall’altra parte sul tema reddito, del salario minimo legale, degli appalti e, semmai ne parlano timidamente, lo fanno palesemente al fine strumentale a qualche obiettivo autoreferenziale. Basti riportare a memoria le argomentazione portate ai lavoratori nelle assemblee dai sindacati cosiddetti “firmatari”, al fine di giustificare lo smantellamento di tutti gli automatismi salariali, dalla scala mobile agli scatti di anzianità, in favore del rafforzamento di un presunto potenziamento del ruolo della contrattazione sindacale nei rinnovi contrattuali e nei posti di lavoro. Un ruolo mai esercitato in realtà dai sindacati negli anni passati, tanto da far attribuire il primato all’Italia di unico paese europeo dove i salari sono diminuiti nel decennio 2010-2020, in cambio, invece, del ruolo di primari gestori del business dei servizi, quali i fondi pensione, i patronati, i Caf.
Al contrario centinaia di associazioni che si stanno mobilitando per attenuare gli effetti nefasti della crisi economica esplosa negli ultimi anni ed acuitasi con lo scoppio della guerra, aggregandosi attorno a questa idea di difesa del reddito come prima barriera alla deriva di sfruttamento e a sostegno di quei soggetti sindacali e non, che vogliono costruire questa alleanza tra occupati e non, che riporti al centro del dibattito del paese i bisogni di milioni di persone e non solo di una ristretta cerchia di spietati speculatori. La scommessa sulla quale investire energie e tempo, al fine di verificare se questo ambito cosi eterogeneo di nature e provenienze riesca realmente a convergere sugli obiettivi principali e comuni, per l’insorgere di un conflitto tanto necessario quanto ineludibile in questo paese.
Il 27 maggio ci sarà una prima prova di una convergenza con una manifestazione nazionale a Roma, per avviare questa battaglia in preparazione di un accumulo di forze che inevitabilmente in autunno arriverà a maturazione. Determinato dall’acuirsi della crisi legata all’inflazione dei consumi contrapposta alla stagnazione dei salari. Saldare questo con l’indignazione di centinaia di migliaia di persone che si vedranno negare l’unico strumento che li aiutava a sopravvivere sarà importante quanto necessario per impedire anche derive più deleterie.
Provare a smettere di tifare solamente a ciò che accade al di là del confine, oppure a guardarsi il proprio ombelico illudendosi che sia il centro del mondo, è un orizzonte quanto mai possibile e necessario.