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Intervento al seminario “Dalla commissione Onofri alla Commissione Carniti”

di Antonella Di Florio

Intervento al seminario promosso da Bin Italia  ” Dalla Commissione Onofri alla commissione Carniti: la necessaria riforma del welfare italiano e l’introduzione di un reddito garantito” Venerdì 20.3.2009

Ringrazio gli organizzatori di questo seminario per l’invito, e per l’occasione che hanno creato di dibattere del tema ormai ricorrente del reddito garantito, tema che postula e sottende una visione  europea del panorama economico ed anche, in quanto strettamente connesso, della legislazione in materia di diritto del lavoro.

Colgo inoltre l’occasione per ringraziare in modo particolare i creatori del sito BIN Italia che contiene contributi di grande interesse e che costituisce una occasione da non perdere per mantenere costante il dibattito su tale tema.

Moltissimo è stato detto dalla collega Ponterio sul punto e condivido pienamente le sue osservazioni. Vorrei solo aggiungere un paio di battute, molto brevemente. La crisi del lavoro subordinato è sotto gli occhi di tutti. E noi  operatori del diritto di questo settore godiamo , purtroppo o per fortuna, di un’osservatorio privilegiato, in quanto la sgretolazione progressiva del sistema contrattuale e di garanzie sul quale si era innestato lo Statuto dei lavoratori ed anche le leggi di successiva modifica è quotidianamente sotto i nostri occhi nelle aule di giustizia.

Il contratto a tempo indeterminato è in fortissima crisi, e le forme di flessibilità introdotte non sono state supportate , come era previsto nell’iniziale progetto contenuto nel famoso libro Bianco che della flessibilità è l’ideatore, da alcuna seria riforma degli ammortizzatori sociali  che, pure, in esso era contenuta, consentendo così di  configurare, un sistema che, pur discutibile sotto alcuni aspetti, aveva una sua completezza ed una possibilità di sviluppo.

Su tale punto suggerisco la lettura del completissimo ed interessante contributo  della collega lavorista Linda D’Ancona inserito, da ultimo , nel sito BIN.

L’assenza di riforma degli ammortizzatori sociali produce un costo enorme in quanto si ripercuote in modo negativo sull’intero sistema economico andando a gravare sul sistema assistenziale che sovente viene, infatti , invocato in modo distorto e per finalità diverse da quelle per le quali è stato concepito.

E questo si è constatato soprattutto nel sud d’Italia , dove la maggiore povertà determina un maggior bisogno di assistenza.

E, se pensiamo alla incidenza economica che il  sistema assistenziale ha  sul complessivo bilancio dello stato , ci rendiamo conto di quanto sarebbe necessario che una seria riforma degli ammortizzatori sociali intervenisse prima che sia davvero troppo tardi.

E questo è il primo punto da evidenziare che non è però antitetico al secondo.

Ed il secondo postula un diverso approccio alla politica dei consumi.

Un sistema basato esclusivamente sull’invito ad un maggior consumo è un sistema che non regge più e che crea gravi problemi di carattere sociale.

E , a ben vedere è una politica che tradisce lo spirito della costituzione italiana ed anche della Carta di Nizza , recepita pienamente nel trattato di Lisbona, sulla quale si basano  le regole fondamentali della convivenza in Europa, e dunque il progetto di vita del popolo europeo:  Entrambe le carte  pongono al primo posto il perseguimento del principio di uguaglianza e la realizzazione dell’individuo nei vari aspetti della propria personalità: REALIZZAZIONE PRATICAMENTE IMPOSSIBILE LADDOVE SI SIA PRIVI DI REDDITO. E, SOPRATTUTTO,  LADDOVE SI SIA PRIVI DI REDDITO A CAUSA DI UNA ORMAI PERSISTENTE CRISI ECONOMICA MONDIALE CHE HA DETERMINATO UN AUMENTO ESPONENZIALE DEL TASSO DI DISOCCUPAZIONE.

Vorrei puntualizzare,  ( richiamando un recente scritto di Laura Pennacchi) che la Costituzione italiana già in modo implicito considera congiuntamente sia la molteplicità degli spazi (reddito, sapere, potere, autostima, ecc.) in cui l’ineguaglianza può avere lungo, sia la diversità di base degli esseri umani, diversità che attiene alle caratteristiche esterne (per esempio ricchezza ereditata, ambiente naturale, sociale, epidemiologico, ecc.), ma anche alle caratteristiche personali quali il sesso, l’età, la condizione fisica, la razza, l’etnia. Indirettamente la Costituzione asserisce che esplicitare queste differenze è importante, perché ignorarle può essere profondamente inegualitario, nascondendo il fatto che un eguale impegno per tutti DETERMINA  un trattamento molto ineguale a favore dei più svantaggiati. In sintesi, la Costituzione italiana:

a)     identifica un carattere “sovrano” nell’eguaglianza;

b)     supera la contrapposizione tra libertà ed eguaglianza.

c) considera, oltre al modello dell'”eguaglianza delle risorse”, quello dell'”eguaglianza delle opportunità” e dell’ “eguaglianza delle capacità”.

L’art. 38 della Costituzione è certamente un corollario di tutto questo, allorchè prevede che ogni cittadino sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha “diritto al mantenimento”, e che i lavoratori hanno diritto a che vengano assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di disoccupazione involontaria.

Analoghe categorizzazioni e un processo simile di costituzionalizzazione della persona si ritrovano nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000, a cui è riconosciuto lo stesso valore giuridico dei trattati succedutisi dall’immediato dopoguerra ad oggi dal Trattato di Lisbona  del 2007, il quale nel contempo muta la qualità della costruzione europea.

La via dell’Europa attraverso il mercato non è più ritenuta sufficiente: con la  Carta dei diritti del 2000 e i suoi valori, la stessa titolazione delle sue parti – la dignità, la libertà, l’eguaglianza, la solidarietà, la cittadinanza, la giustizia – il quadro costituzionale europeo originato dai trattati viene significativamente integrato. Diventano centrali i riferimenti alla dignità, addirittura in apertura della Carta, e all’eguaglianza e alla solidarietà, in precedenza nemmeno menzionate dai trattati.

E allora , se tutto questo non può essere negato, la strada del reddito garantito, oltre a rappresentare una grande opportunità per sovvertire la perversa ed autodistruttiva scala di valori finora costruita, rappresenta una strada obbligata che i governi devono percorrere al fine di mantenere fede all’impegno assunto con il patto costituzionale.

Il reddito minimo garantito, infatti:

  • 1) consentirebbe al cittadino di avere dignità indipendentemente dalle congiunture economiche negative che dipendono da fattori assolutamente imponderabili , come ormai ci insegnano i più accreditati ed attenti economisti, fattori che non possono essere ricondotti neanche alle scelte elettorali;
  • 2) consentirebbe ai giovani di affrancarsi dalle famiglie in tempi biologicamente accettabili e di avere la possibilità di svolgere attività formative indipendentemente dalla possibilità di svolgere l’attività lavorativa ;
  • 3) imporrebbe un indirizzo dei consumi su strade compatibili con un sano sviluppo della persona: il consumismo finora trasversalemente praticato e l’invito a consumare – speso dall’attuale governo come uno strumento salvifico per salvare l’economia nazionale – sono ricette non più sostenibili, il cui esito disastroso è sotto gli occhi di tutti

Il Basic Income, quindi, oltre ad essere un segno di civilta’, potrebbe rappresentare una formidabile  occasione di cambiamento conveniente per tutti.

Vi ringrazio.

Antonella Di Florio

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