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Cartografie Sociali n°18: Condizionalità nelle politiche di reddito minimo. Prospettive critiche a confronto.

Cartografie Sociali n°18: Condizionalità nelle politiche di reddito minimo. Prospettive critiche a confronto.

Di seguito, dall’editoriale della pubblicazione.

EDITORIALE: ESISTENZE CONDIZIONATE E RESISTENZE. Una riflessione collettiva sui dispositivi di governo della povertà/

A cura di Maristella Cacciapaglia, Federica Graziano

Abstract

 

Il concetto di “condizionalità” – che permea, in forme diverse, tutti i contributi di questa special issue – è introdotto e approfondito da Sandro Busso, che apre il nostro numero, nonché la sezione “Mappe” della rivista.
Lo studioso torinese compie un’importante ricostruzione storica del concetto, individuando nella seconda metà degli anni Ottanta, in particolare nel Consenso di Washington, un punto di rottura significativo: il passaggio della condizionalità da “strumento” a “principio” delle politiche pubbliche.
Successivamente, sulla base di un lavoro empirico che ha coinvolto diversi assistenti sociali, operatori del Centro per l’Impiego e beneficiari del Reddito di Cittadinanza, lo studioso esamina la forma “concreta” che il concetto assume nella quotidianità della sua applicazione. In particolare, Busso osserva come tale principio venga naturalizzato e legittimato nella sua dimensione pratica dai vari attori sociali, anche di fronte alle difficoltà e alle contraddizioni che emergono durante la sua implementazione.
A proseguire i lavori è Vincent Dubois, che affronta un tema centrale del cambiamento delle politiche sociali contemporanee: il controllo degli illegalismi di chi beneficia delle prestazioni sociali. Questo tema, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, ha assunto un ruolo crescente nel discorso pubblico, in Francia come altrove (Dubois 2021). Queste politiche, come afferma lo stesso studioso, riguardano soprattutto i beneficiari degli aiuti condizionati, poiché a questi ultimi viene ricordato che sono tenuti obbligatoriamente a rispettare delle norme di comportamento per continuare a ricevere le prestazioni sociali. Nello specifico contributo – frutto di un importante lavoro di campo, che è durato diversi anni – lo studioso francese analizza i cambiamenti avvenuti nei sistemi di controllo,
esaminando le loro implicazioni sul lavoro degli ispettori incaricati di rilevare “le frodi sociali”.

Paradossalmente, se si considerano i progressi nell’automazione e standardizzazione delle procedure, ciò che emerge è come la discrezionalità non svanisca dalle pratiche delle burocrazie di strada (Lipsky 1980), ma piuttosto contribuisca all’efficacia dei controlli e a un governo sempre più rigoroso dei poveri.

Il tema delle condizionalità viene altrettanto affrontato da Maristella Cacciapaglia, che apre la sezione “Rotte”. Le linee della sua ricerca coincidono in particolare con quelle della condizionalità legata al lavoro – remunerato come precisa l’autrice – e relativa al Reddito di Cittadinanza italiano. In questo articolo, centrato sulle esperienze delle persone beneficiarie, le testimonianze raccolte riflettono più ampiamente sul significato attribuito oggi a un lavoro sempre più precarizzato, e lo fanno in un contesto di particolare vulnerabilità come quello di Taranto. Ad emergere è una domanda sociale importante, che non può essere ancora ignorata nelle lotte per un’esistenza dignitosa.

Si è osservato come, già nella definizione dei numerosi criteri di accesso alle misure, viene esercitato un controllo sul comportamento dei poveri, determinando al tempo stesso il loro diritto a ricevere assistenza. Questi criteri, insieme alle condizionalità, contribuiscono a costruire specifiche categorie di merito. Attraverso un lavoro di campo svolto tra i beneficiari del Reddito di Cittadinanza nel territorio torinese, Eugenio Graziano analizza le loro azioni e reazioni. Egli evidenzia come, mediante pratiche quotidiane, tattiche e strategie, i beneficiari rispondano e resistano alle categorizzazioni
tassonomiche che li distinguono in meritevoli e immeritevoli. All’interno dei cambiamenti del welfare incentrati sull’attivazione e sulla condizionalità, prende sempre più spazio un altro concetto: quello della “restituzione alla comunità”, affrontato da Alberto de Nicola. Lo studioso approfondisce il tema delle attività di utilità sociale obbligatorie, una configurazione specifica delle condizionalità all’interno degli schemi di reddito minimo. L’autore inserisce il tema in un contesto più ampio, legato all’integrazione delle pratiche di volontariato nel lavoro sociale, un processo che porta a una ridefinizione problematica del confine tra “attività” e “lavoro”. De Nicola sottolinea come, nel caso del workfare volunteering, tale aspetto sia aggravato dalla natura obbligatoria dell’attività. Il concetto di
“restituzione alla comunità” riveste un ruolo centrale nella giustificazione delle attività richieste, configurando l’assistito come debitore nei confronti della società e lo Stato come mediatore del rapporto. Se nel caso del Regno Unito, analizzato dallo studioso, l’introduzione di tali politiche ha suscitato numerose critiche e reazioni, De Nicola osserva come, in Italia, ancora una volta nel contesto del Reddito di Cittadinanza, l’implementazione dei Progetti Utili alla Collettività (PUC) non abbia suscitato reazioni politiche.

Nonostante una pluralità di scenari, che è legata a sociogenesi specifiche e diverse tra i paesi, ci sono dei punti in comune e inerenti al cambiamento più generale: la responsabilizzazione del beneficiario; la costante attenzione al suo comportamento e ai suoi illegalismi; la conseguente, importante,
sofferenza sociale (Bourdieu 2015) che sembra accomunare gli “assistiti”.
Questo tema viene affrontato da Federica Graziano, che apre la sezione “Rilievi” della rivista con un contributo che approfondisce il tema della violenza simbolica esercitata sui giovani percettori di reddito di cittadinanza.
Dall’analisi di alcune interviste svolte tra navigator, assistenti sociali e giovani beneficiari emergono forme diverse di sofferenza sociale, legate alle asimmetrie di potere nel campo in cui si attivano. Queste sofferenze mettono,inoltre, in evidenza gli effetti di politiche sociali fondate sulla responsabilizzazione dei beneficiari.

Lontano da facili narrazioni, il Reddito di Cittadinanza ha rappresentato una forma importante di supporto per i giovani in Italia. Coinvolgendone diversi del territorio torinese, nella sua ricerca Costanza Guazzo evidenzia come la misura si è intrecciata con le loro «difficoltà di esistere quotidiane» (Bourdieu 2015). Le esperienze raccolte suggeriscono una visione del supporto economico come un diritto, oltre che una necessità, rispetto alle situazioni di precarietà e fragilità di una delle categorie più svantaggiate in Italia.
Le rappresentazioni definiscono, anche agli occhi degli assistenti sociali, il povero “buono”, quello “brutto” e infine quello “cattivo”, così come osservato da Busso, Meo e Morlicchio (2018). Nella prospettiva di Valeria Quarto e Armida Salvati, queste tre categorie possono essere “ribaltate” e
utilizzate per rappresentare l’operato degli assistenti sociali. Sulla base di una ricerca etnografica svolta in un comune del Sud Italia, le studiose osservano come il “buono”, il “brutto” e il “cattivo” assistente sociale emergano e si differenzino per il modo distintivo in cui applicano condizionalità e discrezionalità durante la loro relazione con i beneficiari.
Dal Nord al Sud, la riflessione collettiva qui presentata si sposta all’estero, in Spagna più precisamente. Alesandra Puyuelo Estrada e Alessandro Gentile offrono un’analisi del dibattito parlamentare che ha portato all’introduzione della Renta Minima Vital in Spagna. Gli studiosi sottolineano in particolare come la pandemia da Covid-19 abbia accelerato i processi propulsori della misura, ponendo fine all’“ eccezionalità” del caso spagnolo rispetto alle politiche di reddito di
minimo in Europa.

Fino ad allora, non vi era stata alcuna misura contro la povertà promossa a livello nazionale.
Anche le riflessioni di Roberto Ciccarelli offrono una prospettiva internazionale.
Il contributo dello studioso apre la nostra sezione Wunderkammer, la “camera delle meraviglie” che offre a lettori e lettrici prospettive originali e “altre” sul mondo. L’autore, effettuando una comparazione tra l’implementazione del Revenu de solidarité active in Francia e il Reddito di Cittadinanza in Italia, osserva il diverso modo in cui i due modelli, di workfare secondo lui, rispondano alle necessità economiche e produttive della governance del mercato del lavoro e dell’inclusione sociale.

Le riflessioni di Sandro Gobetti, sviluppate a partire dal seminario tenutosi a Napoli proprio in occasione della presente special issue, accompagnano chi legge in un altro viaggio per il mondo. Le destinazioni coincidono con le numerose sperimentazioni del Reddito di Base universale e
incondizionato, che testimoniano come esso sia tutt’altro che un’utopia, quantomeno al di fuori dell’Italia.
Successivamente, la trascrizione di un altro intervento dello stesso seminario – quello di Vincent Dubois – riprende in questo numero l’importante possibilità che il “vero” Reddito di Cittadinanza, universale e incondizionato, potrebbe disvelare: configurarsi come una nuova forma di cittadinanza sociale, pur differente rispetto a quella originariamente concettualizzata da Marshall.
Questo tema è ripreso finanche nel contributo di Giuseppe Allegri, che recensisce il nuovo volume Contro le condizionalità: riaffermare la cittadinanza dei diritti scritto, tra gli altri, da alcuni degli stessi autori presenti in questo numero. Nel suo intervento, Allegri contrappone al trattamento disciplinare e paternalista attuale, che riduce i poveri a “buoni a nulla, colpevoli di tutto,” l’urgenza di elaborare una cittadinanza sociale “senza condizione”.

Sarah Otera chiude il nostro numero con la sua recensione de “Il reddito minimo in azione”, opera a più mani e curata da Cristiano Gori, fondamentale per una comprensione diversa e completa dell’esperienza del Reddito di Cittadinanza italiano.

Con gratitudine verso tutte e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo numero di Cartografie sociali, desideriamo dedicarlo a tutti i “Daniel Blake” di Ken Loach o, come direbbe Robert Castel (2019), ai “surnumerari” del nostro tempo.

Per visitare la pagina della pubblicazione clicca qui

 

 

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