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Politiche di trasferimento monetario in America Latina: un passo falso verso il basic income

di Ruben Lo Vuolo

Il dibattito sul Basic Income (BI) in America Latina si articola su un terreno diverso rispetto ai paesi europei. In America Latina infatti, la proposta del BI non si pone in contrasto con misure quali l’indennità di disoccupazione, il workfare o altre politiche attive di occupazione, che nella regione sono minime se non inesistenti. Piuttosto, essa si articola in relazione ai programmi assistenziali di trasferimento monetario per le famiglie ‘povere e con figli a carico’, classificate tali in base alla loro appartenenza ad una determinata fascia di reddito.

Il dibattito sul Basic Income (BI) in America Latina si articola su un terreno diverso rispetto ai paesi europei. In America Latina infatti, la proposta del BI non si pone in contrasto con misure quali l’indennità di disoccupazione, il workfare o altre politiche attive di occupazione, che nella regione sono minime se non inesistenti. Piuttosto, essa si articola in relazione ai programmi assistenziali di trasferimento monetario per le famiglie ‘povere e con figli a carico’, classificate tali in base alla loro appartenenza ad una determinata fascia di reddito. Attualmente, nella regione sono attivi circa 40 programmi del tipo Conditional Cash Transfer (CCT) [Trasferimenti Monetari Condizionati, NdT]. Questi CCT, i cui prototipi sono i programmi Oportunidades in Messico e la Bolsa Familia in Brasile, godono dell’appoggio totale della Banca Mondiale (2009). Tali programmi esigono, oltre all’appartenenza ad una famiglia di fascia bassa di reddito, che i bambini, le bambine e gli adolescenti partecipino al sistema scolastico e sanitario (insieme alle madri che gestiscono l’indennità). In caso di inadempimento di tali condizioni, il trasferimento monetario viene interrotto. Il programma Asignación Universal por Hijo, approvato alla fine del 2009 in Argentina, è una variante dei due programmi precedenti, giacché ha come beneficiari i lavoratori informali con retribuzioni inferiori al salario minimo e con figli a carico.

Alcuni sostenitori del BI considerano i CCT come il primo passo in direzione del reddito universale e incondizionato. Questa considerazione presenta però molti dubbi perché i CCT sono articolati secondo principi molto differenti da quelli del BI: 1) non sono universali ma mirati; 2) non riconoscono diritti individuali ai bambini poiché il soggetto di diritto è la famiglia o il padre/madre che lavora; 3) non sono incondizionati visto che prevedono sanzioni nel caso di non soddisfacimento delle condizioni richieste; 4) la fascia di reddito stabilita per aver diritto  all’indennità non è un livello sul quale si possono sommare altre entrate ma il tetto massimo al quale la famiglia beneficiaria può aspirare.

In ogni caso, questi programmi sono serviti a consolidare tre criteri importanti in America Latina:

1) la povertà di reddito si spiega in larga misura con l’elevato numero di minori a carico degli adulti; 2) l’azione più efficace è rappresentata dai trasferimenti monetari; 3) le politiche pubbliche per l’infanzia perpetuano le disuguaglianze giacché la copertura dei programmi di sicurezza sociale raggiunge solo i lavoratori salariati formali, quando in media il 60% della forza lavoro è informale. Peraltro, la natura mirata e la condizionatezza dei CCT limitano il loro impatto sulla povertà e non hanno una copertura universale.

Ciò avviene perché tali programmi non sono conformi ai principi del BI. Innanzitutto, i CCT si basano su una visione assistenzialista della questione sociale, favorevole al paternalismo statale e al controllo della condotta delle persone, invece di promuovere incondizionatamente l’autonomia dei beneficiari. In secondo luogo, costruiscono attorno a sé burocrazie specializzate nelle tecniche di selezione e valutazione dei beneficiari, che oltre ad avere un costo elevato si trasformano in strumenti per il clientelismo politico. Terzo, continuano a dividere la società tra coloro che sono ‘meritevoli’ di ricevere reddito e coloro che, poiché non soddisfano le condizioni richieste, non lo sono. Quarto, sanzionano i bambini, le bambine e gli adolescenti con la perdita dell’indennità per inadempimento delle condizioni, rendendoli colpevoli di una situazione della quale non sono responsabili e aggravando ancor più la possibilità di accesso ai diritti essenziali per il loro sviuppo. Quinto, creano una ‘trappola della povertà’ perché le famiglie perdono l’indennità nel caso in cui abbiano entrate superiori al minimo, creando così terreno fertile per l’avanzamento del lavoro nero. Sesto, gli errori nel processo di selezione e i cambiamenti nelle entrate delle famiglie costituiscono una minaccia permanente che crea insicurezza e mancanza di copertura delle persone indigenti.

Questi problemi si risolverebbero se invece dei programmi CCT si applicasse la nostra proposta di BI universale e incondizionato per l’infanzia. Qual’è la differenza? Innanzitutto, l’indennità è universale per tutti i bambini, bambine e adolescenti, indipendentemente dalle entrate e dalla situazione lavorativa dei loro genitori. Secondo, essendo universale può funzionare come ‘credito fiscale’ nelle dichiarazioni di reddito delle persone, in modo tale che le famiglie ricche ‘restituiscano’ il denaro quando pagano le tasse. Terzo, la incondizionatezza del BI agisce come un ‘piano’ sul quale si possono accumulare altri redditi da lavoro, evitando così la ‘trappola della povertà’. Quarto, essendo incondizionato, i minori non vengono sanzionati con la perdita del reddito versatogli; piuttosto, l’eventuale inadempienza del loro diritto all’istruzione e all’assistenza sanitaria avvierebbe un’assistenza specifica attraverso politiche specializzate in queste aree.

E’ ragionevole indicare le politiche di trasferimento monetario per l’infanzia come un primo passo verso il BI, salvo che queste politiche non contraddicano i principi del BI, come fanno i programmi di CCT. Il BI non è una politica di trasferimento monetario qualsiasi ma una politica che cambia i principi di organizzazione dello stato assistenzialista, paternalista, clientelare e segmentato ancora vigente nella regione e in gran parte del mondo.

Traduzione di

Sabrina Del Pico

Articolo pubblicato sulla rivista Pane e Acqua

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