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Non chiamatelo reddito minimo. Il Cilap sul DDL povertà

di Cilap EAPN

Nicoletta Teodosi (presidente Cilap-EAPN): “Le persone sole che vivono in povertà sono come sempre escluse. Non chiamiamolo reddito minimo”. Nicoletta Teodosi, presidente del CILAP – Collegamento Italiano di Lotta alla Povertà – sezione italiana della rete europea EAPN European Anti Poverty Network, ha commentato il disegno di legge delega presentato dal governo per contrastare la povertà: “Prendiamo atto della decisione del governo in favore di una norma nazionale di contrasto alla povertà, che dovrebbe contenere un misura di reddito minimo per un milione di persone. Da quanto abbiamo appreso non è quello che auspicavamo, perché siamo convinti che non farà uscire le famiglie dalla povertà. Chi sono i potenziali beneficiari di questa misura? I nuclei familiari. Quindi le persone sole che vivono in povertà sono come sempre escluse. Non era quello che auspicavamo anche in questo caso. La nostra proposta prevedeva una misura individuale di reddito minimo. E quindi non si può parlare di reddito minimo adeguato per una vita dignitosa. come noi chiediamo da molto tempo.  Anche l’Italia pian piano si sta adeguando al resto d’Europa, a quanto detto dal Parlamento e dalla Commissione europea in questi 25 anni. Meglio di niente, lo dicemmo in occasione degli 80,00 euro lo diciamo con convinzione anche ora. L’obiettivo che l’Italia si era data nel 2011 per rispondere alla Strategia Europa 2020 era di far uscire da una condizione di povertà 2 milioni e 200 mila persone entro il 2020. Significa che se entro il 2017 la misura toccherà circa 1 milione di persone è probabile che entro il 2020 si possa arrivare all’obiettivo. Questo quando si parla di numeri e si ragiona in termini di probabilità, se tutto rimane come è ora e non peggiorino le cose (interne ed esterne al Paese).

I nuclei familiari dovranno essere presi in carico dai servizi sociali, i quali a loro volta dovranno definire un piano di intervento che prevede una serie di condizionalità anche condivisibili: occuparsi dei figli, portarli a scuola, seguire corsi di formazione. Tradotto significa esercitare la capacità genitoriale e attivarsi. Anche se per questa tipologia di persone non ci sono molte offerte di lavoro: basse competenze, scarse qualifiche, problemi psico-sociali il più delle volte. Significa rafforzare i servizi che si occupano di minori e famiglie. Al momento però tali servizi sono piuttosto in riduzione, causa i sempreverdi tagli.

Da quanto abbiamo appreso si metterà mano anche al riordino della legge sui servizi sociali, senza i quali, riteniamo, la legge di contrasto alla povertà partirebbe inattuabile. Ci domandiamo però se è in discussione la legge 328 del 2000, unica legge di riforma del sistema integrato dei servizi socio-assistenziali emanata dopo 110 anni dalla precedente e conosciuta come legge Turco. Sarebbe un grave danno se tale riordino avvenisse senza una consultazione con le parti in causa.

La nostra preoccupazione è sempre la stessa: come possono rispondere i Comuni, e quindi i servizi sociali, senza un approccio integrato con i centri per l’impiego, con gli enti di formazione, con le scuole che dovrebbero essere coinvolti nell’attivazione dei beneficiari? Questa sarebbe una grande riforma. E soprattutto sono stati ascoltati?”.

Ufficio Stampa Cilap: Nicola Perrone, M 329.0810937, nicolaperrone58@gmail.com

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